giovedì 16 dicembre 2010

BAR AURORA ( se non ti va bene l' aria condizionata te ne stai a casa tua ).

Durante la prima metà degli anni 90' il Bar Aurora era il punto di riferimento per molti ragazzi della mia generazione che abitavano nella zona. Era situato nella via centrale del quartiere e di fronte all' entrata c'era una fermata dell' autobus. Era un bar di grande passaggio, frequentato da impiegati, operai e commercianti più o meno affezionati, ma soprattutto da ragazzini molesti e da macchiette metropolitane come il filosofo di destra, il camionista che non lavorava mai, il Barba-Carogna, TiPiaceLaMenta, il Cuccadores e Il Mitico Padre di Lioi, oltre ovviamente ai due fratelli Bruno e Felice ( Felize ), gestori del locale.
L'ambiente seppur di dimensioni ridotte era caratterizzato dalla presenza perenne di ben tre video-game, due quasi sempre di picchiaduro e uno di calcio, alle volte viceversa. Il tanto amato Jukebox sopravvisse fino al 1992, anno in cui fu sostituito da una slot-machine, tra le proteste vibranti del pubblico.
Solitamente il gioco dedicato al calcio era molto azzeccato; Bruno e Felize erano particolarmente attenti alle novità, così i frequentatori del bar intraprendevano sfide infinite. Si giocava sempre in doppio; uno contro l' altro. Chi perdeva lasciava il posto a quello dietro e se voleva giocare di nuovo si rimetteva in coda. Certe volte si arrivava a contare oltre dieci persone in fila ad aspettare con ansia il loro turno, ragazzini tra i dodici e i quindici anni, attempati signori in preda all'ansia del gioco, impiegati in pausa pranzo che rinunciavano a nutrirsi e occasionali sfidanti di passaggio. Ogni orario era buono per sfidare avversari casuali o abituali: prima di entrare a scuola e all'uscita della stessa, dopo pranzo, in pieno pomeriggio e fino all'arrivo della sera, costringendo alle volte Bruno e Felize a ritardare l'orario di chiusura.
Il giocatore più incallito di tutti era Ivan, un ragazzo di cinque anni più vecchio di me. Si allenava praticamente tutto il giorno, arrivava al bar prima di tutti per riscaldarsi giocando da solo e puntualmente quando lo raggiungevo (arrivavo quasi sempre poco dopo di lui ), lo battevo. Con il passare del tempo iniziò sportivamente ad odiarmi fino a quando un giorno esasperato dopo l' ennesima sconfitta, di fronte ad almeno quindici persone, si voltò verso di me e con voce fioca mi disse: " sei la persona più viscida che io abbia mai conosciuto ".
In nessun altro bar c'erano sfide così appassionate e seguite come nel bar di Bruno e Felize, l' ambiente era quasi surreale. Era diventato uno sport, una competizione continua. Ovviamente oltre a questo c'era anche un contorno di tutto rispetto: tra una partita e l'altra e nelle pause si trovavano spesso personaggi con cui interagire nonostante la differenza di età: il camionista che non lavorava mai ad esempio era quasi un idolo per tutti noi. Compariva già dal mattino presto, verso le 7:30. Ogni volta che varcava la soglia del bar iniziava un monologo che esordiva sempre con un' imprecazione verso qualcuno che aveva fatto qualche cazzata alla guida, irritandolo. Poi dopo aver ordinato uno spumantino appoggiava i gomiti al bancone, esclamava "Gesù Cristo", si voltava verso i video-game e scuoteva la testa sconsolato. Quando arrivava a bere metà bicchiere iniziava a parlare di figa in modo generico, dopo avere ordinato il secondo spumantino invece iniziava a parlare dell' ultima gnocca che si era spupazzato con tanto di descrizioni.  Il copione era sempre lo stesso, talvolta annoiava...ma probabilmente lo apprezzavamo proprio per quello. Dopo essersi sfogato a dovere usciva alle volte bestemmiando sottovoce, altre fischiettando.  Ricompariva poi svariate volte nel corso della giornata, ma con un tono più dimesso. Un altro personaggio che ha cambiato la nostra percezione del mondo è indubbiamente "TiPiacelaMenta", un uomo di circa sessantacinque anni in grado di pronunciare solamente questa frase con tono interrogativo e chissà per quale motivo, con un' accentuata cadenza torinese. Per enunciare la celebre frase aspettava quasi sempre che la vittima fosse indaffarata o concentrata su qualcosa. Così mentre sorseggiavi un bicchiere di spuma o inserivi 500 lire nel video-game per avviare il gioco, all' improvviso una voce conosciuta, accompagnata da una densa alitata ti invadeva da un lato: "ti piace la menta?". Indimenticabile è anche il filosofo di destra, un uomo sui quarantacinque anni accompagnato sempre da una pila di quotidiani sotto il braccio, ovviamente tutti di destra. Faceva il professore di filosofia in qualche scuola media o almeno così affermava e solitamente si presentava al bar nel primo pomeriggio. Interloquiva animatamente con chiunque gli si avvicinasse cercando di convincerlo che la sua opinione era quella  più razionale e vicina al vero. Era un concentrato micidiale di luoghi comuni, pregiudizi, omofobia e xenofobia ed era convinto di essere il detentore della verità e di avere una risposta ad ogni problema sociale. Inveiva spesso contro la sinistra e i suoi elettori definendoli "inetti sociali" e roteando il suo sigaro toscano intraprendeva intricati discorsi dove mescolava confusamente pessimismo schopenhaueriano, razionalismo hegeliano e criticismo kantiano con persone che neppure erano a conoscenza dell' esistenza di Garibaldi e Mazzini e probabilmente ignoravano persino chi fosse l' attuale presidente della Repubblica. Citava spesso frasi tratte da poesie di Baudelaire e Mallarmé e si inoltrava in rappresentazioni improvvisate di soliloqui kierkegaardiani tra vecchietti interdetti autocompiacendosi del proprio sapere.
Come scordarsi poi del Mitico Padre di Lioi. Padre di un mio ex compagno delle elementari era un uomo tarchiato e goffo; entrava nel bar negli orari più svariati, non parlava quasi con nessuno e si fermava spesso ad osservare la Gazzetta dello Sport con aria mistica ma solo quando la Juve vinceva. Quando la Juventus perdeva il giorno successivo non lo vedevi quasi mai. Compariva due giorni dopo la partita; paonazzo in volto, irrequieto e prodigo di bestemmie. Una volta due clienti al bancone sorseggiando un caffè stavano parlando di una manifestazione per i diritti dei gay. Il Mitico Padre li osservava con aria attonita come se fossero stati due alieni: non credeva alle proprie orecchie. Quando realizzò in pieno che l'argomento di cui stavano discutendo quei tali era proprio la possibilità che degli omosessuali avessero dei diritti come quelli "normali" si girò verso di me con  occhi sbarrati ed espressione incredula cercando uno sguardo di intesa.  Poi bestemmiò come di consueto e battendo le mani con forza uscì con passo cadenzato dal locale.
Il Barba-Carogna, così denominato per la sua innata vocazione alla calunnia e all' insinuazione, era un settantenne dalla lunga barba bianca che amava girare per la città con un bastone che maneggiava come se fosse stato una clava. Il suo passatempo preferito era salire sull' autobus ed individuare i furti per poi far scoppiare un 48' ed ottenere sempre più celebrità. Tra un viaggio e l' altro faceva un salto nel bar e narrava le sue gesta a Bruno e Felice, che lo assecondavano con fare rassegnato. Era riuscito ad ottenere la celebrità a cui anelava ma non proprio nella maniera desiderata: lui infatti voleva essere considerato il paladino dei più deboli, ma dato che la maggior parte delle persone da lui accusate erano perfettamente innocenti la stima generale nei suoi confronti era appunto quella che si ha di una carogna.
Il Cuccadores era un ragazzo intorno ai venticinque anni che frequentava il bar ed amava essere riconosciuto dai più piccoli come esempio da seguire. Ogni volta che arrivava aveva una nuova avventura erotica da raccontare e senza che nessuno lo interpellasse si inoltrava in lunghe descrizioni con tanto di particolari. Spesso si contraddiceva, cambiava in corsa i nomi delle ragazze che diceva di avere conquistato e i luoghi dove si consumavano gli amori mutavano nel giro di pochi minuti. Nessuno tuttavia si prese mai la briga di farglielo notare.
Non vorrei dimenticarmi dei due personaggi principali, Bruno e Felize. Mite e serafico il primo, burbero e disincantato il secondo, i due fratelli erano una coppia perfettamente complementare quando stavano insieme al bancone e in grado di dare una personalità al bar anche da soli. Entrambi mai sopra le righe, intervenivano nelle discussioni solo quando lo ritenevano strettamente necessario e sia l'uno che l'altro possedevano nel proprio repertorio frasi destinate a diventare dei tormentoni non solo per quanto riguardava il presente, ma anche per gli anni a venire. A loro sono legati alcuni dei ricordi più nitidi che conservo di quegli anni, anche se ad essere sinceri Felize, col suo carattere scontroso e il suo modo di interagire beffardo ha inciso nella memoria in maniera più prepotente rispetto al più flemmatico fratello. Il giorno che il jukebox lasciò il testimone alla prima slot-machine della storia del Bar Aurora uno degli affezionati selezionatori di brani musicali stava da parecchi minuti inveendo contro l'inutilità dell'oggetto in questione. Era sinceramente dispiaciuto ( gli si era evidenziata persino una grossa vena sulla fronte ) ed era risentito in particolar modo nei confronti di Bruno, che aveva convinto Felize a "rinnovare" il locale per stare al passo coi tempi dopo mesi di discussioni sotto banco ( delle quali gli affezionati del bar erano quasi tutti al corrente eccetto lui ). Elia, così si chiamava il contestatore, dopo un pomeriggio speso a sfogare la sua rabbia e il suo disappunto per il cambiamento repentino delle sue abitudini di vita, digrignando i denti  esclamò: "Quella testa di cazzo di Bruno!..." Pensando che Bruno, che non si vedeva, fosse in bagno o nel mini-magazzino del bar. Bruno invece stava sistemando le bibite ed era inginocchiato da alcuni minuti sotto al bancone. Dal nulla udimmo la sua voce placida: "La slot-machine rende di più!"
Come accennato in precedenza riguardo alla figura di Felize ci sarebbero molteplici aneddoti da citare, ma mi limiterò a riportare solo quelli che a mio modo di vedere lo rappresentano meglio. Da poco tempo era stato installato un impianto di aria condizionata nel bar e Fabrizio, mio vicino di casa ed assiduo frequantatore del posto quasi quanto il sottoscritto, proprio non la sopportava. Dopo un pomeriggio ricco di lamentele e di mugugni trovò finalmente il coraggio di rivolgersi a Felize chiedendogli: "Felice, non è che puoi abbassare l'aria condizionata? Mi fa venire mal di testa!" Felice, che stava asciugando le tazzine da caffè con aria assorta ed era esattamente di fronte a Fabrizio, rimase immobile e fissandolo severamente: "Se non ti va bene l' aria condizionata te ne stai a casa tua, almeno lì l'aria condizionata non c'è!" Un altro affresco di vita da bar Aurora è senza dubbio il giorno in cui mi precipitai su commissione dei miei genitori  al bar verso le sette  di sera perché avevo bisogno di una torta gelato per ospiti dell'ultima ora. Dopo aver varcato la soglia se non ricordo male il dialogo fu pressapoco  il seguente: Io: "Felice, avrei bisogno di una torta gelato. Che torte ci sono?" Felice: "Le torte zelato zi devo guardare...( indicando le figure sulla lavagnetta dello sportellino del freezer dei prodotti della Algida) dunque abbiamo...la torta romantica, la Sant'Onore, il Gran Nozzolato, il Gran Tartufone, una spezie di Sakè Torte che però è di un'altra marca e poi ze anche la millefogli e la Viennetta al Cappuzzino e al Zoccolato. Io: "Allora va bene la Torta Romantica." Felice: "Sono tredizimila, dammi i tre perché non ho il resto!" Tuttavia il momento più memorabile tra la moltitudine di ore passate in quei 10 metri quadrati resta probabilmente quando Felize, che stava ridendo di gusto parlando di chissà cosa con una combriccola di vecchietti avvinazzati, cambiò repentinamente espressione divenendo minaccioso in volto. Poi dopo alcuni attimi di silenzio in cui pensavamo che stesse per avere un infarto, indicando con l'indice un ragazzo che era da poco entrato nel bar disse: "Non me l'hai mica pagata la spuma l'altro ieri...paghi MILLEZINQUE!"
Con gli occhi di allora immaginarmi adulto scrivere di quel posto e di quelle persone sarebbe impensabile, ma il tempo ha decretato che il Bar Aurora, qualunque sia il motivo, ha lasciato più di un ricordo indelebile
nella mia mente e in quella di molti miei coetanei ed essere raccontato gli spettava di diritto.

RiccardoR

mercoledì 15 dicembre 2010

Hai giocato bene. Hai perso ma hai giocato bene!

Luca continuava a darci di dritto da fondo campo e tirava forte. Sapeva che l' esito era sempre il solito: non la prendevo oppure la smorzavo con grande fatica e la palla finiva sulla rete, quando non cadeva prima ancora di incontrare la barriera. Ogni volta che riuscivo a trovare un colpo che mi sembrava ben riuscito lui era sempre piazzato nel punto dove speravo che non fosse e sferrava un altro dritto sempre più potente e preciso del precedente. Aveva vinto il primo set 6-2 e stava vincendo il secondo 3-0; la situazione stava diventando quasi imbarazzante, dovevo cercare di fare almeno qualche giocata decente per metterlo in difficoltà, dopotutto pensavo, lui giocava a tennis da cinque o sei anni ed io da sei mesi circa...mi riassestai mentalmente.
Iniziai ad insistere sul rovescio a due mani, il colpo che mi riusciva meglio. Cercavo di incrociare i colpi, cosa che raramente mi riusciva col dritto e i punti arrivarono...ogni tanto il mio sguardo si soffermava dietro alla recinzione che separava il campo dai piccoli spalti, là sedeva un solo spettatore, la nonna di Luca. Da quando avevo iniziato a fare punti con regolarità l' espressione della nonna Franca mi sembrava  leggermente cambiata; qualcosa sembrava turbarla, irritarla. Adesso non mi diceva più bravo Riccardo quando azzeccavo un colpo e osservava incupita Luca arrancare a fondo campo o correre affannosamente dietro alla pallina.
Il secondo set fu mio grazie ad una clamorosa rimonta, ma il terzo set Luca iniziò a battere in maniera violentissima ed io non riuscivo più a rispondere; nonostante la sua mole pesante diventò improvvisamente agilissimo e iniziò a collezionare una lunga serie di  volée piuttosto difficili e schiacciate a rete e addirittura da fondo campo accompagnando ogni giocata vincente a uno sguardo di soddisfazione estrema.
Mancava ormai solo un punto alla sconfitta...mi venne per un attimo in mente sua nonna e...così per curiosità mi voltai verso gli spalti per vedere se la sua espressione era nuovamente cambiata. Adesso la nonna Franca sembrava soddisfatta, anzi entusiasta. Si accorse della mia occhiata e di rimando aprì le braccia in segno di comprensione, con un sorriso talmente falso da risultare convincente.
L' ultima pallina del match dopo aver battuto appena prima della linea di fondo della mia metà campo si fermò all'altezza del cancello di entrata. La partita era finita, Luca era più forte di me, ma sapeva di avere incontrato più difficoltà del previsto da un principiante che probabilmente tra sei mesi lo avrebbe battuto.
Mentre ci riposavamo seduti a un tavolino del bar vicino ai campi da tennis e parlavamo della partita sua nonna ci passò di fianco ed entrò nel locale. Si ripresentò dopo circa due minuti con in mano un Calippo alla menta che porse amorevolmente a Luca, dopodichè si voltò verso di me, mi diede una pacca su una spalla e sorridendo mi disse una cosa che ancora oggi, dopo vent'anni, spesso mi torna in mente: " Hai giocato bene. Hai perso ma hai giocato bene! "

RiccardoR
 


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